Lavoro nel settore pubblico per integrare i trans nella società

E’ di appena qualche mese fa la decisione presa dal governo argentino di creare una piccola nicchia (si parla di un 1%) di spazio nell’ambito delle assunzioni per lavori pubblici e destinarla completamente alle persone transessuali, facilitando così la loro totale integrazione nella società. Il testo del decreto approvato parla di una possibilità concessa a tutte le persone transessuali o travestiti, a prescindere dal fatto che abbiano o non abbiano effettuato la registrazione dell’avvenuto cambio di sesso, e richiama il diritto alla non discriminazione di genere in tutte le sue forme di espressione. D’altra parte, se non si prendessero iniziative del genere, il destino di una persona transessuale sarebbe quasi certamente quello di buttarsi a capofitto nel mondo della prostituzione, cosa che in Italia succede a circa l’80% dei trans.

Neppure il tempo di sedersi ad una tavola rotonda e discutere, che questo tema sta già suscitando scalpore ed opinioni contrastanti in tutto il mondo; giorni fa è stata una emittente radiofonica milanese a proporre l’argomento come oggetto di dibattito, e si sono fatte ipotesi su come potrebbe essere accolta questa nuova legge anche nel nostro paese. Interviste fatte in giro per la città negli ambienti a luci rosse più frequentati dai trans hanno fatto emergere un grande interrogativo: servirebbe questa audace manovra a dare ai trans una possibilità per regolarizzare la loro posizione? Barbara, la migliore trans di Milano, almeno così si definisce lei stessa quando promuove i suoi servizi sui portali specializzati in incontri erotici, dice che è giusto concedere un’opportunità a chi lo vuole davvero, e spera che presto anche l’Italia si decida a fare qualche passo in tal senso.

Come funzionerebbe concretamente questa legge?

In pratica non ci sarebbe alcun tipo di limitazione e nessuna documentazione particolare da produrre per avere accesso a questa opportunità, e tutti i candidati potranno annotarsi in un apposito registro facente capo al Ministero delle Donne, Sesso e Diversità, che provvederà ad elaborare i differenti profili dei candidati ed a metterli a disposizione degli enti pubblici che dovranno poi fare le selezioni per le assunzioni.

Verrà poi creata una unità di coordinamento interministeriale che avrà il compito di formare i candidati e prepararli correttamente alle mansioni che dovranno svolgere e, parallelamente a tutto ciò, saranno anche promosse iniziative didattiche che consentiranno ai prescelti di poter ampliare le loro basi culturali con corsi di formazione da integrare al loro lavoro. In effetti è come se fosse che lo Stato, dopo anni ed anni di totale indifferenza su questo argomento, abbia voluto recitare un ‘mea culpa’ per non aver mai fatto nulla in questo senso; meglio tardi che mai.

La situazione attuale in Italia

Sebbene in Italia ci siano stati in passato vari tentativi di lotte sociali che avevano come obiettivo principale quello di dare un’identità sociale a tutti i lavoratori del mondo della prostituzione come travestiti, transessuali, e le stesse prostitute, in effetti non è ancora cambiato nulla in riferimento a questo tema, ma non si può non riconoscere che un tema caldo come questo non può essere sempre rinviato a data da destinarsi, e che sarebbe giunta l’ora di fare qualcosa a riguardo.

La stessa Barbara, la ragazza transessuale milanese intervistata per strada a Milano, ha ammesso che forse bisognava muoversi un po’ prima, cioè quando la maggior parte delle trans e dei travestiti non era ancora arrivata al punto di dover abbracciare esclusivamente il mondo della prostituzione o della pornografia per riuscire a sopravvivere o per garantirsi un piatto caldo, evitando così il fenomeno della discriminazione massiva che tutta la categoria subisce a tutt’oggi. Staremo a vedere dunque gli sviluppi che avrà questa situazione in Argentina per capire se e come potrebbe funzionare anche in Italia.

La transessualità nel mondo del lavoro

Purtroppo oggi le persone transessuali, i travestiti, ed in certi casi anche i gay, non sono libere di esternare la loro condizione o identità di genere, specialmente quando si tratta di cercare un lavoro o comunque svolgere una attività; questa triste realtà non può far altro che provocare un effetto immediato, e cioè quello di creare uno stato di inferiorità o comunque di disagio sociale che si allarga a macchia d’olio coinvolgendo pian mano tutta la categoria.

Nel mondo del lavoro esistono in sostanza due forme di creare discriminazione, una in fase di colloquio di lavoro preliminare, effettuata in base ad una valutazione fisica e comportamentale del candidato transgreder (quasi sicuramente scartato), ed una all’interno stesso del mondo del lavoro provocata da eventuali azioni di mobbing da parte degli stessi colleghi di lavoro. Ecco dunque che la persona transgreder si vede obbligata a dover nascondere la sua vera condizione sociale perché, in un modo o nell’altro, nel mondo del lavoro avrà sempre problemi.